“U Viannantu “

Foto tratta dalla pagina facebook "Caloveto - Memorie fotografiche di un paese"

di Umberto Mazza


Gli abitanti della prima comunità che ha lasciato l’ancòra adolescente Padre Vincenzo tenevano le porte aperte in segno di accoglienza. Se un viandante, figura biblica che ha nel Profeta Elia il suo antisignano, si fosse trovato a passare da quei vicinati, durante il frugale pasto di quella povera gente, non doveva avere timore di bussare per chiedere un bicchiere d’acqua o un tozzo di pane, bastava entrare e chiederlo “ppe l’arma eri morti”(per l’anima dei defunti). Nel profondo sentire cristiano di quelle vinelle (viuzze), dove il piccolo Vincenzo ha mosso i primi passi, accogliere “nu viannantu” (viandante, in dialetto) era un modo per riscattare l’anima dei propri cari che si credeva fossero collocati nel Purgatorio, nonché un modo per obbedire alla Parola di Cristo: “ Perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare; ho avuto sete e non mi avete dato da bere; ero forestiero e non mi avete ospitato, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato. Anch'essi allora risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo visto affamato o assetato o forestiero o nudo o malato o in carcere e non ti abbiamo assistito? Ma egli risponderà: In verità vi dico: ogni volta che non avete fatto queste cose a uno di questi miei fratelli più piccoli, non l'avete fatto a me. E se ne andranno, questi al supplizio eterno, e i giusti alla vita eterna». 

Nel lungo cammino del Popolo di Dio la figura emblematica del viandante è incarnata dal Profeta Elia: beato chi può vederlo almeno una volta anche in sogno” dice la Tefillà. Può presentarsi sotto le spoglie d'un pellegrino, di un mendicante, di un prete come Padre Vincenzo; è l'eterno viaggiatore che ognuno di noi può incontrare e che, forse, anche incontra ma non sempre riconosce. 
Anche San Giovanni Calibyta che Padre Vincenzo conosce bene si è presentato più di una volta come mendico viandante: lucido è il ricordo di una nostra concittadina ultraottantenne che il 15 gennaio di molti anni fa si è vista entrare in casa “nu cotrarellu” (bambino) vestito di stracci che in perfetto dialetto glia ha chiesto:”mi fa fame”! La donna l’ha fatto subito accomodare: “figghicellu mio! Sèrate ca ti preparu nu piattellu”(figlio mio! siediti che di preparo un piatto); quando si girò, in quel momento San Giovanni stava rientrando in chiesa dopo la processione, per dagli da mangiare il bambino non c’era più; disperata scese per le scale chiedendo ad ognuno se avessero visto un bambino vestito di stracci, ma nessuno l’aveva visto; La donna si inginocchiò e disse: “San Giuvanni mio ‘cchi grazza che m’ha fattu oje!” (San Giovanni mio oggi mi hai fatto una Grazia!). 

A leggere il libro di Padre Vincenzo non è blasfemo pensare che il Profeta Elia (nome ebraico אֱלִיָּהוּ Eliyahu, che significa "il mio Dio è Yahweh") si sia servito del Viandante Teatino (peccato che gli manca la barba altrimenti sarebbe stato perfetto) : a tal proposito dovete sapere che nel paese di origine del Padre c’è un profondo culto della Madonna del Carmelo in cui Sant’Elia ha un ruolo centrale ed ha dato il nome anche ad una località di Caloveto. In ogni luogo in cui Padre Vincenzo è stato nel suo lungo peregrinare le persone che hanno avuto modo di incontrarlo e stargli vicino lo hanno percepito come una benedizione: vocazioni che aumentavano, chiese che si riempivano, gente poverissima a cui ha portato l’ acqua e l’ istruzione… Un segno della Provvidenza a cui auguriamo ancora di vivere per lunghissimi anni.

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