Beni Culturali, Archeologici, Architettonici, Paesaggistici di Crosia



Il testo che segue è stato elaborato da Mimmo Bitonto a partire da vari rapporti che la Sovrintendenza ai beni culturali ha elaborato negli scorsi anni con riguardo al territorio del comune di Crosia.



Il territorio comunale possiede un patrimonio di Beni Culturali, Archeologici, Architettonici e Paesaggistici di tutto rispetto che, se tutelato e valorizzato in un contesto di riferimento più ampio, almeno a livello comprensoriale, con strategie di lungo periodo che coinvolgono tutti i settori interessati, soprattutto quello turistico, potrebbe costituire un presupposto fondamentale per lo sviluppo socio–economico. [ omissis ]
Disseminati sul territorio di Crosia sussistono innumerevoli siti archeologici, di essi solo una piccola parte è nota per essere stata individuata e catalogata:

DECANATO. Rilevante è il giacimento (5.000 mq) individuato a 450 metri a nord del Castello di Mirto,10 mt. S.l.m. nella zona Decanato, ad est della Chiesa di San Giovanni Battista. Proprietà privata utilizzata come uliveto. Dati cartografici IGM F. 230 I.N.O. sez. B. Nella zona si notano frammenti di laterizi, vasellame e tegole romane oltre a mattoncini per opere spigate. Età tardo-imperiale. (arch. Sopr. 1992 s.v. Crosia)

SANTI (Campo sportivo Crosia). Altitudine 150 mt s.l.m. un pendio collinare a N.O. del centro storico dì Crosia. Proprietà privata utilizzata come uliveto. Sono state trovate tombe a tegole, vasi a vernice nera ed acromia. Datazione III-IV, secolo a.C. Arch. Sopr. 2.000. Ad est dello stesso sito sono stati rinvenuti resti di una necropoli; tombe con resti umani ricoperti con embrici e vasellame a vernice nera. Datazione incerta, presumibile IV sec. a.C.

LOCALITA' FURNI. Pendio collinare posto alla sinistra idrografica del torrente Fiumarella a circa 30 mt. S.l.m. Proprietà privata utilizzata a seminativo. Fittili certamente di epoca Brezia IV-III sec. a.C. e frammenti di vasi a vernice nera ed acromia. Arch. Sopr. 2.000.
MIRTO (Piazza G. Rossa) Area pianeggiante ai piedi del pianoro Verdesca a monte della ss 106 altitudine 30 mt. S.l.m. Zona urbanizzata, proprietà demaniale. Rinvenimento frammenti di vaso antico ed ossa umane provenienti da tombe. Ricognizione 1976.

LOCALITA’ SANTA TECLA. Altitudine mt. 30 s.l.m. Area archeologica situata alla sinistra idrografica del torrente Fiumarella, 250 metri a sud della Torre di S. Tecla; occupa il versante Sud orientale della collina ed è detta Chiesicella. La collina stessa appare caratterizzata da terrazzamenti artificiali sul pendio, utilizzata a seminativo alberato. Superficie interessata circa 10.000 mq, frammenti di ceramica a vernice nera, tegole ellenistiche. Affiorano numerose strutture murarie in pietrame irregolare allettato con malta bianca. Presenza di tratti di pavimento in coccio pesto levigato con tessere in marmo bianco poste a distanza regolare. Frammenti di terra sigillata italica e di ceramiche da cucina africana. Mattoncini per spigato e frammenti di dischi in terracotta. Pesetti per telai tronchi piramidali in piombo forati; monete in bronzo di Costanzo, 11. Duecento metri a N.E. della struttura della villa, una piccola necropoli e monete ancora di Costanzo. Datazioni dal IV secolo a.C. al IV secolo d.C. ( Arch.Sopr. 199211995.)

LOCALITA' CAPPELLA O SORRENTI (Sorgenti). Fondo Blefari altitudine mt. 40 s.l.m., situato alla destra idrografica del fiume Trionto. Resti di un impianto romano situato sul pendio occidentale della collina. Zona urbanizzata, proprietà privata. Indagine (Procopio)1954 Prog. Giacimenti Culturali 1989. Arch. Spr. Rinvenimenti: tomba con applique a testa di sileno, beccuccio a testa leonina da una situla in bronzo. Resti di muri in pietrame e calce, rocchi di colonne scanalate in arenaria, elementi di condotto idrico in terracotta, pesi per telai in terracotta, macine da mulino.
Alcune tombe alla cappuccina vuote. Datazione: IV sec. a.C. Tarda età repubblicana, età imperiale.

Giacimenti non catalogati:

ZONA S. ANTONIO (Crosia) Zona di terrazzamenti artificiali numerosi frammenti di ceramica vernice nera e rossa, resti dì un antico tappeto, tegole con timbro, monete Brettie del tipo incuso.

ZONA CERAMILIO. Monete brettie ed oggetti in terracotta.

ZONA QUADRICELLI O GIAMMARIA. Pendio a monte della ss 531 interessato da numerosi reperti in ceramica: Embrici, frammenti di pítos, monete brezie, rete idrica con tubi in argilla. Antichi storici ubicavano in quella zona la IV Sibari.

ZONA INIZIO VIALE KENNEDY. Ritrovamenti casuali in occasione di scavi di frammenti di ceramiche pre-elleniche, elleniche e romane a profondità diverse.

Le emergenze architettoniche più rilevanti sono le seguenti:

CASTELLO DI MIRTO. L'incuria dell'uomo e l'inclemenza del tempo, non hanno dato scampo ai pochi monumenti o emergenze con segni architettonici rilevanti esistenti nel comune. Unica emergenza catalogata ed ancora visibile in parte è il Castello nella frazione Mirto. Sorge su di un pianoro a sud della statale 106 e dal mare Ionio, dal quale dista circa mille metri. L'edificazione di quel manufatto, iniziata nel 1593 ad opera del barone Giovan Michele Mandatoriccio, feudatario della Terra, sì è sviluppato in varie fasi fino a raggiungere lo stato ancora visibile. Anche denominato “Castello”, esso non lo è, infatti non ha le caratteristiche tipiche come caditoie, camminamenti, torri fortificate e fossati a salvaguardia. Il "Castello" è nato e si è sviluppato per le esigenze del vasto feudo, nel quale erano fiorenti le coltivazioni a grano, gli sterminati uliveti e gli allevamenti dì bestiame. Fulcro di tutte queste attività non ne sminuisce il pregio. Da vasta sottolineare la corte rettangolare perimetrale, formata da una serie di case basse, adibite a suo tempo a dimora del personale di servizio ed all'esercizio delle varie attività. Il tutto è nato attorno ad una “Turra (ricovero rurale) in cui era ubicato un vecchio frantoio. Adattato il frantoio alle nuove esigenze, sorsero necessità di spazio per lo stoccaggio dei prodotti, nonché di una residenza padronale al piano elevato, alla quale sì accedeva da una imponente scala interrotta alla sommità da un ponte levatoio che isolava la residenza. Sotto la volta ad arco,dal quale si accede alla scala, sono ancora visibili gli affreschi rappresentante le armi delle nobili famiglie che ebbero il possesso del feudo: Mandatoriccio, Ruffo-Colonna e Sanbiase. E’ancora visibile sul portone di accesso alla residenza lo stemma dei duca Messanellì dei Normanni, ultimi feudatari.

TORRE DI SANTA TECLA. In piena amministrazione vicereale, si ripetevano pedissequamente le incursioni dei turchi lungo la fascia ionica, le popolazioni non riuscivano a trascorre una notte senza essere svegliate dal fragore delle armi e dallo schiamazzo delle ciurme ottomane. Era il XVII secolo ed il regno di Napoli era retto dal viceré don Pedro da Toledo. Sorta le necessità di tutelare il territorio, venne incaricato il principe Fabrizio Pignatelli, marchese di Cerchiara, di provvedere alla difesa della costiera ionica da Roseto a Cariati con la costruzione di un sistema di torri di avvistamento. Fu in quella occasione che venne edificata la torre di Santa Tecla. Un manufatto cilindrico su base tronco-conica sul modello angioino. La funzione era quella di sorvegliare lo specchio di mare sottostante ed avvisare con segnali di fumo, le popolazioni dell'entroterra in caso di sbarco di marinerie turche affinché provvedessero a mettersi in salvo.

LA TORRE DEL GIGLIO DETTA DEL PORCILE. In assenza di strade, le uniche vie percorribili erano i corsi d'acqua, che quindi dovevano essere sorvegliati. Se la torre di Santa Tecla provvedeva a sorvegliare gli accessi del torrente Fiumarella, una cura maggiore era riservata già da tempo al fiume Trionto. Una torre quadrangolare a poca distanza dal greto del fiume era già stata costruita intorno al 1450, quando il feudo era degli Aragona di Montalto. La torre del Giglio non era solo di avvistamento ma anche di prima difesa. La comparsa delle armi da fuoco impose infatti la costruzione di feritoie nelle pareti che vigilavano le parti sensibili dei territorio, ossia la parte ad est e quella a nord.
I beni paesaggistici che caratterizzano il territorio, oltre alla fiumara del Trionto, che è il contesto di riferimento per l’area di intervento, sono i seguenti:

MACCHIA DELLA BURA -LIDO DI CENTOFONTANE. Le ricchezze paesaggistiche, anche se non valorizzate, costituiscono un parte rilevantedel patrimonio comunale. Il litorale di Macchia della Bura, caratterizzato da dune sabbiose e da un ambiente funzionale al ripopolamento ed alla migrazione degli uccelli, si affaccia su una parte del mare Ionio contraddistinto da un fondale costituito da pietrame policromo che fa risaltare le purezza delle acque e lascia intravedere incantevoli praterie di posidonia, fondamentali per l’habitat marino e per l’azione che svolgono contro l’erosione delle coste. Un sito di pregio che è stato inserito nei siti di Natura 2000 con le denominazioni “Macchia della Bura” SIC IT9310045e “Fondali Crosia – Pietrapaola – Cariati” SIC IT9310048. Il Lido Cenfontane, contiguo alla zona “Macchia della Bura”, è anch’esso caratterizzato da spiagge sabbiose e da un mare limpido, ed è stato oggetto, nel recente passato, di interventi di riqualificazione ambientale (abbattimento di case abusive e ripristino di condizioni ambientali idonee). Attualmente si stanno concludendo i lavori per il ripascimento di una parte della spiaggia compromessa dall’erosione marina.

LE CENTOFONTANELLE. Lungo il percorso dal lido Cenfontane all'abitato di Mirto sì è obbligati a passare accanto ad una meraviglia della natura: le “cento fontane”, che gli storici antichi chiamavano le cento fontanelle. Non è altro che l'emersione di una sorgente proveniente dalla Sila, già nota ai tempi di Omero. A quelle fontanelle, le navi in transito nello Ionio facevano rifornimento di acqua potabile e quella parte di mare era una specie di porto franco.

CENTRO STORICO. Oltre alle Chiese intitolate a San Michele, alla Pietà ed all'Annunziata, restano solo i segni di vestigia risalenti al settecento come i comignoli conici delle camere camino ben conservate per la cura della famiglie proprietarie. Le chiese non hanno avuto migliore sorte: le prime due, entrambe risalenti al primo millennio, conservano solo alcuni segni come le volte a botte ed a vela dì una parte della Pietà e la soffittatura a cassettoni dì SAN Michele, risalente al cinquecento. Degli antichi palazzi (case palazziate) di Crosia è rimasto ben poco per interventi dissennati di restauri ed adattamenti e per il gran numero di terremoti verificatasi nel corso dei secoli. Segni ancora visibili sono le cisterne per la raccolta della acque di gronda ancora visibili nell'atrio dei palazzi Palopoli e Beraldi.

Commenti

Post popolari in questo blog

NON E' DELITTO PARLARE DEL "DELITTO DEL CIMITERO"

Non la furbizia, ma solo una buona politica salverà il “mondo a parte” dell’Italia interna

Paesi che muoiono….di troppi “lavori”