Il centro fortificato di Cozzo Cerasello

di Caterina Palmieri

La località “Cozzo Cerasello” si trova a quota 649 metri s.l.m., appartiene, dal punto di vista amministrativo ai comuni di Pietrapaola e Caloveto, in provincia di Cosenza.
  

Fig. – 1 - Immagine dal satellite del sito -


L’altura domina a nord-est gli estremi contrafforti presilani e la costa ionica, a nord-ovest il bacino del Trionto dalla foce del fiume fino all’altezza dell’abitato di Cropalati, nell’interno e a sud-ovest controlla direttamente il corso del fiume Laurenzana, affluente del Trionto, l’antico Traes.
  

Fig. 2 – Immagine di Cozzo Cerasello –


Fig.- 3 – la valle del Trionto vista da Cozzo Cerasello -



Figg. -  4 e 5 –  I contrafforti presilani e la costa ionica con, in primo piano, Muraglie di Pietrapaola -


Fig.- 6 - Localizzazione del sito -


L’area è stata oggetto di ricognizioni, che hanno confermato e arricchito i pochi dati provenienti da ricerche d’archivio (rinvenimenti di frammenti di ceramica databili ad età ellenistica in seguito a lavori di rimboschimento da parte dell’Opera Sila) e bibliografiche
(“capanne con copertura in tegoloni” rinvenute alle falde di Cozzo Cerasello).
In effetti, da osservazioni di superficie effettuate da Armando Taliano Grasso, dell’Università della Calabria, sul versante meridionale dell’altura, è stato notato un numero cospicuo di frammenti di ceramica di impasto protostorico che attestano una frequentazione del sito in età del Ferro. Di particolare interesse, nell’estremità meridionale dell’altura, in località Brugliaturo, l’individuazione di un’area caratterizzata da un’intensa concentrazione di materiali mobili, tra cui vaghi d’ambra, anelli, armille di bronzo con spirale a nastro costolato e fibula ad arco ribassato in ferro, pertinenti, molto probabilmente, a sepolture sconvolte da arature; sul versante orientale dell’altura, sconvolto da scavi clandestini, sono venute alla luce diverse strutture pertinenti ad un abitato e due monete in argento di Terina con la Nike e la ninfa Terina, una moneta di Thurii con il toro cozzante a destra e diversi esemplari di due nominali in bronzo con leggenda BREIG attribuibili ai Bretti (emiobolo Traes/ spiga; dichalkon testa di cervo/aratro).
Ma il risultato più interessante ottenuto dall’indagine topografica, effettuata da Armando Taliano Grasso, si riferisce certamente all’individuazione di quella che sembra una cinta muraria, il cui tracciato è stato seguito per una lunghezza di circa 1700 m., dal versante meridionale dell’altura fino alla cresta.
Già da una prima osservazione, è risultato evidente che la cinta fortificata è intimamente legata alla conformazione geomorfologia del sito; in effetti, le mura sono state localizzate sul versante meridionale ed occidentale, dove il pendio, non essendo talmente scosceso da formare una difesa naturale, è stato rafforzato con accorgimenti difensivi. Le mura si interrompono sulle pendici nord-orientali e orientali, naturalmente protette e delimitate dalla diramazione del torrente Fiumarella.
Il tracciato delle mura segue, sul versante orientale e meridionale, le curve di livello più favorevoli; a sud-ovest si sviluppa, invece, seguendo il cosiddetto ciglio tattico. La concezione di adattare la cinta alle caratteristiche naturali preesistenti è confermato dal corridoio fortificato, individuato in uno dei settori, che si stacca dal perimetro murario e si congiunge, in direzione ovest, ad uno spuntone roccioso prospiciente la cinta.


Fig. – 7 – Tracciato delle mura con indicazione delle curve di livello –

La scelta dei materiali da costruzione è legata alle risorse della zona; infatti, la cinta, particolarmente robusta e monumentale, è costruita con blocchi di arenaria, proveniente da una cava situata nelle immediate vicinanze.


Fig. - 8 – Un  elemento costruttivo della cinta –


In uno dei settori, a nord, la cinta non è più visibile a causa dei movimenti franosi che hanno fatto scivolare a valle le cortine con tutto il riempimento (tra le parti crollate vi è anche l’angolo con cui chiude la cinta a nord-ovest), mentre a ovest essa segue le curve di livello ad una quota superiore a 500 metri s.l.m. e raggiunge il ripidissimo versante settentrionale della cresta attraverso una serie di grossi blocchi disposti a gradoni e l’eliminazione dell’emplecton, che permettono di superare il forte dislivello.
Sulla base dei crolli e degli allineamenti emergenti, si può ipotizzare che la cinta fosse dotata da almeno tre torri, probabilmente di forma semicircolare.
È anche possibile che la cinta fosse fornita di una porta d’accesso a sud-ovest, difesa dal corridoio fortificato cui si è accennato prima.
Le caratteristiche tecniche della cinta sono le stesse che si riscontrano in tutte le fortificazioni della seconda metà del IV secolo a.C. dell’Italia meridionale:
o   Nei punti meno vulnerabili l’elevato si innesta direttamente sulla roccia, probabilmente lavorata, in modo da ricevere la prima fila di blocchi;
o   In alcuni punti è la roccia stessa ad essere tagliata, in modo da essere, essa stessa, fortificazione;
o   La costruzione utilizza blocchi poligonali, ma in alcuni settori sono presenti blocchi parallelepipedi tagliati in modo piuttosto sommario. Probabilmente le maestranze utilizzate per la costruzione della cinta sono più d’una oppure, come ha affermato Conta Haller, venivano semplicemente usate anche due diverse maniere insieme, anche da parte della stessa maestranza, a seconda delle esigenze della difesa;

o   In alcuni tratti la cinta è costituita da una doppia cortina con emplecton di ciottoli, pietre, terriccio e rari frammenti laterizi.





Figg.- 9-10 - Due tratti della fortificazione: si nota che la cinta è costruita in maniere diverse, blocchi di arenaria con emplecton o sistemazione dei blocchi uno accanto all’altro.





Figg. 11- 12 -13- 14 – La fortificazione fotografata in vari punti. Dalle immagini sono evidenti le diverse “maniere” in cui è stata costruita: i blocchi in alcuni tratti sono disposti uno accanto all’altro con eliminazione dell’emplecton o  si appoggiano alla roccia, o è la roccia stessa che funge da fortificazione.
                                                                                                                             

L’individuazione del centro fortificato di Cerasello ha permesso di aggiungere un tassello importante nella ricostruzione della storia della Brettia. La posizione topografica e la stretta connessione con il fiume Trionto, attestato dal piccolo bronzo, potrebbero far supporre che questo sia la Sibari sul Traente di cui parlano le fonti.





Fig. – 15 -  Localizzazione di Sibari sul Traente.

Ora il fiume Trionto gode di una particolare fortuna nella nostra storia, non solo locale, ma greca, in quanto la sua storia si intreccia con quella di Sibari, almeno a partire da un certo momento.
La tradizione storiografica greca menziona il Traes per la prima volta quando dice che esso si trovava, molto genericamente, senza altri particolari riferimenti topografici, tra Sibari e Crotone e, per tale ragione, lo cita come il campo di battaglia del famigerato scontro che nel 510 a. C. vide Sibari soccombere per mano della rivale.  I Sibariti si sarebbero poi rifugiati a Laos, subcolonia di Sibari.
Nel 448/7 Crotone rende vano un tentativo di rifondazione di Sibari, allora i sibariti chiedono aiuto a Sparta e ad Atene: Sparta rifiuta, mentre Atene, a capo della quale vi era Pericle, accoglie la richiesta. Nasce così la colonia panellenica di Thurii nel 444/3 a.C, sullo stesso sito su cui sorgeva Sibari. Presto i contrasti tra i vecchi sibariti e i coloni ateniesi portarono ad una vera e propria guerra civile con la fuoriuscita dei sibariti, che fondarono un’altra Sibari sul Traente, la cosiddetta “quarta Sibari”. Ritorna, quindi, il fiume teatro dell’evento funesto del 510 a.C.
Di questa città si fa menzione in Strabone a proposito della lega achea, della quale faceva parte insieme a Crotone e Caulonia. Lo storico dice che intorno al 417 a.C. gli abitanti di queste tre città, dopo essersi indotti reciprocamente alla concordia, per prima cosa dichiararono come loro tempio comune e luogo comune di incontro e di deliberazione il tempio di Zeus Omario, e poi, accogliendo fra loro i costumi e le leggi degli Achei, si impegnarono a perseguire e a rispettare un tipo di costituzione conforme a quello vigente presso di loro.
Questi sono gli unici dati certi che possiamo estrapolare sulla Sibari sul Traente, altrimenti ignota alle fonti storiche.
La mancanza di dati certi e la pressoché totale assenza di localizzazione è stata alla base dell’incerta identificazione di questa città discendente della grande Sibari.
I tentativi di dare un volto e una consistenza reale a questa “entità”, altrimenti astratta, sono stati molti.
Iacopi e, successivamente, Maiuri la identificano con Castiglione di Paludi; di parere diverso De Franciscis che osserva che Castiglione di Paludi non è sul Traente, l’odierno Trionto, ma nella valle del torrente Coserie; inoltre la sua vita italiota si sviluppa dopo la metà del IV secolo, non tra la metà del V secolo e la metà del IV secolo a. C. ( ipotetico periodo di vita della Sibari sul Traente). Castiglione è, dunque, un centro costruito dai Brettii, senza alcun collegamento con gli Italioti.
Dopo le ricognizioni condotte da Taliano Grasso nel 1989, il quadro si è fatto più chiaro e le monete trovate a Cerasello con la menzione Traes e Breig, oltre alle altre scoperte fatte nei pressi del sito, hanno fatto propendere tutti gli studiosi verso l’identificazione Cerasello-Sibari sul Traente.
La testa del toro androprosopo barbuto, raffigurata sul dritto di una delle monete e interpretata come divinità fluviale, viene identificata dalla legenda come Traes, che probabilmente è il Traeis di cui parlano le fonti. La rappresentazione del dio fluviale rientrerebbe nelle scelte tipologiche tipiche dell’ultima fase della monetazione brettia, che spesso si richiama a precise realtà topografiche.
Il Traes viene generalmente identificato con l’odierno Trionto, il cui corso è dominato, appunto, dal centro fortificato di Cerasello.
Verso la metà del IV secolo i Brettii dominavano un territorio che andava dal fiume Laos fino al territorio di Turii, occupato sin dal 356 a. C. Tutte le città che gravitavano intorno all’orbita della città panellenica caddero; a controllo dell’area  costruirono, sulle sommità delle colline, disposti ad intervalli quasi regolari, centri fortificati, collegati alla linea di costa attraverso diverticoli che si sviluppano lungo i tratti terminali e medi dei corsi d’acqua. Tra un centro e l’altro esisteva un collegamento viario interno che permetteva il reciproco collegamento. Le aree fortificate, con molta probabilità, non erano completamente urbanizzate; esse servivano certamente ad ospitare le popolazioni in caso di necessità.
Il sistema difensivo sembra iniziare da Castiglione di Paludi e pare propagarsi lungo il litorale ionico fino a Murge di Strongoli, comprendendo al suo interno gli insediamenti di Cozzo Cerasello, Muraglie di Pietrapaola, c/da Palombo di Cariati e Pruiia di Terravecchia.
 In questo sistema, nel quale il controllo del territorio era assicurata dalla comunicazione visiva tra i vari oppida, l’altura di Cerasello è fondamentale, in quanto essa permette di saldare il collegamento visivo tra Castiglione di Paludi, Muraglie di Pietrapaola e Pruina di Terravecchia, altrimenti non comunicanti tra loro e, vista la sua posizione dominante, doveva ricoprire una posizione strategica importantissima.



Fig. -16 - Sistema brettio di comunicazione tra i vari oppida –

Esso era probabilmente al centro del sistema di difesa territoriale brettio nella sibaritide meridionale nel IV-III secolo a. C. e avente come spina dorsale un sistema di fortificazioni intercomunicanti che doveva controllare e circondare le città di Thurii e Kroton. Per favorire il controllo il sistema prevedeva un’organizzazione gerarchica dei centri. Ebbene, la funzione di centralità nel sistema apparteneva certamente a Cerasello, per la sua posizione topografica e le sue caratteristiche altimetriche.
La vicinanza geografica tra Cerasello e Muraglie, inoltre, che distano tra loro circa 3 Km, fa pensare ad un “insieme coordinato”, a un vero e proprio sistema, creato per difendere il contesto territoriale, con Muraglie in posizione subordinata rispetto a Cerasello.



Fig. – 17 - Sistema Muraglie – Cerasello.

Ma allora Cerasello è la quarta Sibari, dunque un centro Italiota, o il fulcro del sistema brettio? O forse è la stessa città costruita dagli esuli sibariti, poi conquistata dai Brettia che ne fecero un loro centro?
La tradizione cita la città di Sibari sul Traente fra quelle distrutte dai Brettii, ma non dice altro dell’ultima sede dei Sibariti.
Ad aiutarci a formulare un’ipotesi plausibile su come potrebbero essersi svolti i fatti riguardanti i Sibariti del Traente è l’analisi del particolare momento storico. Il IV secolo è dominato, in Italia meridionale, dal tentativo di egemonia ed espansionismo di Siracusa. Dionisio di Siracusa cercò di conquistare l’Italia meridionale, a partire dal 390 a.C., con l’attacco a Reggio, vanificato dall’intervento degli Italioti. Nel 378/7 a.C. Dionisio conquistò Crotone e nel 375/4 tentò un attacco navale a Thurii. Creò una serie di centri fortificati, presidiati da suoi mercenari, a difesa dei territori conquistati. Probabilmente è questo il momento dell’espansionismo lucano, che conquistarono Petelia, incuneandosi tra Thurii e Crotone; è il momento in cui si determina la frattura tra città e interno, con i Greci stabiliti lungo la costa e gli indigeni che vanno ad occupare le aree interne.
Nel quadro così delineato, appare plausibile e molto suggestiva l’ipotesi di G. De Sensi Sestito. La studiosa afferma che Sibari sul Traente potrebbe essersi trovata “nella condizione di arrendersi tanto ai Lucani, ormai padroni della vicina Petelia, tanto a Dionisio I di Siracusa che, conquistata Crotone, ambiva a sottomettere anche le zone costiere soprastanti fino alla sibaritide, come dimostra il fallito tentativo di attacco navale a Thurii”.
Tutti i dati che io ho cercato di enunciare hanno la caratteristica di essere superficiali e frutto di intuizioni. Purtroppo, la mancanza di uno studio approfondito attraverso uno scavo impedisce di avere risposte certe circa i quesiti che intorno a quest’area e al periodo storico qui fotografato attraverso i ritrovamenti.
Inoltre, la mancanza di interesse ha portato l’area all’abbandono. L’area è coperta da una fitta vegetazione, inoltre la cinta non ha visto alcun intervento volto a proteggerla dall’azione erosiva del tempo e dei fenomeni meteorologici.

Un progetto volto alla salvaguardia e, soprattutto, alla ricerca finalizzata alla creazione di un parco archeologico che racchiuda magari anche il sito di Muraglie, collegato ad esso, potrebbe essere la giusta strada per ottenere le risposte ai quesiti archeologici e favorire la conoscenza di un’area che ha molto da dare alla cultura, anche collegandosi al parco archeologico, in via di realizzazione, di Cariati-Terravecchia.

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