Elogio del ‘secondo tentativo’. Un viaggio nella Calabria jonica (e dintorni)




di Massimo Baldacci *




In Calabria finora c’ero stato solo per attraversarla dalla SA-RC diretto in Sicilia, e ne avevo sentito lodare da amici alcune località di mare, che questa volta non ho proprio toccato. Le uniche eccezioni erano state due toccate e fughe al Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria per guardare i bronzi di Riace nel corso di viaggi d'istruzione diretti in Sicilia, e un pomeriggio trascorso con Domenico Accorinti e la sua famiglia, sempre durante un mio trasferimento verso la Sicilia, nel corso del quale avevamo visitato gli scavi di Locri, di cui allora ci aveva scandalizzato la disorganizzazione, e dando un'occhiata a Gerace.
Questa volta ci ho passato 9 giorni, pernottando a Morano Calabro, Rossano, Santa Severina, un posto vicino a Stilo, Gerace e poi, sulla via del ritorno, a Civita. Ho potuto apprezzare paesaggi mozzafiato, verso cui la Giovenca, a dispetto di chi mi dice continuamente che dovrei cambiarla, si è arrampicata intrepidamente, un patrimonio archeologico sicuramente meno spettacolare di Paestum e di alcuni siti siciliani, ma estremamente diffuso e di grandissimo interesse, dei borghi meravigliosi e inaspettatamente ricchi dibeni culturali, dall'età bizantina al Barocco, e, ancora più di tutto questo, i segni vivi e presenti di un'integrazione pluriculturale.
A differenza della Sicilia, la Calabria non si offre al primo tentativo: il viaggiatore non deve mai avere fretta, perdere la pazienza, deve riprovare una seconda volta se non è riuscito a trovare aperto un sito.


Ne è esempio, tra i molti, la mia visita a San Demetrio Corone. Ci sono andato da Rossano la mattina di sabato 21 Luglio, perché volevo vedere la Basilica di Sant'Adriano e il Collegio Albanese. Arrivo al paese dopo 35 Km di strada difficile, ma non impossibile, e, benché sia poco indicato, 800 metri a Nord Ovest dell'abitato, trovo un “Parco di Sant'Adriano, comprendente la Basilica, il Collegio Albanese e, cosa che non ti aspetteresti mai tra queste dure montagne, un Liceo classico. Ma è tutto chiuso, non c'è anima viva, non c'è nessuna indicazione di un orario di apertura.

Torno in paese, alla ricerca di un ufficio informazioni turistiche, ma non c'è. Entro dal giornalaio, ci trovo anche il Manifesto, gli chiedo informazioni, ma lui risponde che non è di lì e non me le sa dare. Nella piazza c'è un circolo culturale intitolato a Girolamo De Rada, il poeta nazionale albanese. Ma è chiuso. Mi metto a gironzolare, e subito dietro la facciata del corso scopro un tradizionale quartiere arberesh, che mi pare perfino più autentico del borgo di Civita, e che è ricco di suggestioni (case in stile balcanico, antiche chiese bizantineggianti spesso riutilizzate come abitazioni, ecc.). Questa visita merita di per sé un'escursione di mezza giornata, ma su Sant'Adriano e il Collegio Albanese anche qui nessuna indicazione.
Verso le 11,30 (ero arrivato alle 9) torno sulla piazza e trovo aperto il Circolo culturale De Rada. Mi aspetto di trovarci depliant e materiali di documentazione. Invece è un circolino come quelli che c'erano in campagna da noi 50 anni fa: un biliardino, al momento inutilizzato, un gestore abbastanza giovane che sta facendo pizze, ma se qualcuno lo chiama viene al banco a servire, e fuori, a un tavolo, tre vecchietti che giocano a carte. Prendo un te freddo e chiedo informazioni al gestore. Lui non ne sa nulla, ma dice che forse uno dei tre vecchietti mi potrà aiutare. Infatti, non quello che il gestore aveva indicato, ma un altro telefona a qualcuno in albanese. E mezz'ora dopo mi accompagna alla Basilica di Sant'Adriano e me la apre: già l'esterno era imponente, anche se i lavori fatti per costruire il Collegio Albanese tra '700 e '800 hanno distrutto l'abside e la facciata romanica, ma l'interno contiene mosaici pavimentali del X-XI secolo, della stessa qualità di quelli del Patirion.
Certo, il turista viene premiato se ha un corretto atteggiamento di incuriosita esplorazione, ma anche un po' più d'organizzazione dei siti culturali non farebbe male.



Durante il mio soggiorno a Morano ho visitato, oltre a Morano stessa, Altomonte, che è a una trentina di Km.

Morano è un borgo bellissimo: ha un profilo magico fin da quando ci si avvicina dalla strada, ed è tutto vicoli, scalinate, discese e salite a schiantapetto. È anche pieno di opere d'arte: alla Chiesa di Santa Maria Maddalena c'è un polittico di Bartolomeo Vivarini, collocato lì dall'originaria sede della Chiesa di San Bernardino dopo tre tentativi di furto fortunosamente sventati, e una statua cinquecentesca di Santa Maria degli Angeli di Antonello Gagini. Nella chiesa dei Santi Pietro e Paolo ci sono quattro statue di Pietro Bernini, il padre di Gianlorenzo. Tutta questa ricchezza in un luogo così sperduto, come pure quella di Altomonte, è dovuta al mecenatismo dei Sanseverino, i feudatari della zona tra il '400 e il '600.
Anche Morano richiede di essere visitata in più giorni: intanto girarla a piedi è molto faticoso; poi alcuni particolari (ad esempio l'esistenza di tracce di vecchie mura), siccome non c'è niente che te li indichi, li devi scoprire da solo: io li ho scoperti grazie alle indicazioni del vecchio proprietario dell'albergo dove alloggiavo, il Merùo: un tipo in vena di conversazioni che, quando gli ho chiesto se Merùo fosse il suo cognome di famiglia, mi ha raccontato che è il nome di un antico insediamento greco, non scientificamente attestato ma rimasto nella tradizione popolare, e mi ha parlato di questi resti di antiche mura. Inoltre l'apertura di alcuni monumenti è gestita da un'associazione (l'IAT) non ho capito bene se volontaria o semifinanziata che ha orari molto elastici: la chiesa di Sn Bernardino, la chiesa dei Santi Pietro e Paolo e il castello normanno ho potuto visitarli solo al secondo tentativo; la Chiesa della SS. Annunziata, dell'XI secolo, collocata in posizione perfettamente perpendicolare alla Chiesa dei Santi Pietro e Paolo, durante il mio soggiorno è sempre stata chiusa. Al castello normanno-svevo, a parte il panorama mozzafiato, la cosa più interessante è che ti danno un dépliant da cui si evince: 1) che l'esistenza della greca Merùo è in realtà congettura di uno studioso locale settecentesco; 2) che è invece attestata da un'iscrizione del II sec.a.C. l'esistenza di Muranum come statio della via Annia-Popilia, tra Capua e Reggio; 3) che c'è stata nel 1076 una battaglia vittoriosa contro un'incursione saracena, e che l'episodio è tuttora celebrato da feste paesane.

Foto tratta dal sito http://www.citynow.it/discovercalabria-morano-calabro

Altomonte ha monumenti visitabili in modo molto più organizzato di Morano, ma nell'insieme mi è sembrata meno autentica. Dovunque si trovano lapidi celebrative del sindaco degli anni '80 Costantino Belluscio, che io ricordavo come un esponente del PSDI spesso sbeffeggiato su l'Unità da Fortebraccio, ed è forse a lui che si deve quel tanto d'organizzazione dell'itinerario culturale che c'è. Il Museo Civico contiene pitture interessanti: tra l'altro un Simone Martini e un allievo di Antonello da Messina. Ma quello che mi ha emozionato di più è sapere che nel convento da cui è stato ricavato il Museo ha soggiornato ventenne e ha studiato Tommaso Campanella. La Chiesa di Santa Maria della Consolazione, proprio accanto al museo, ha una facciata quattrocentesca perfettamente conservata e, all'interno, dei sarcofagi gotici che fanno pensare a Tino da Camaino. La Chiesa di San Giacomo, di origine bizantina (IX secolo!) è purtroppo visitabile solo dall'esterno e se ne riconosce la pianta a croce greca.

Foto tratta dal sito https://www.borghimagazine.it
Ho anche provato in quei due giorni a visitare la comunità arberesch di Civita-Cifti, e al primo approccio sono rimasto deluso. Memore della necessità del secondo tentativo ci sono tornato domenica 29, sulla via del ritorno, e ho soggiornato proprio lì. Ho avuto modo di visitare il "Ponte del Diavolo". Quello che mi ha emozionato non è tanto la forma del ponte, analoga a quella del ponte sulla Lima di Borgo a Mozzano, quanto la vista panoramica delle gole del Raganello: un vero e proprio canyon lungo 13 Km, tra due pareti di roccia alte 7-800 metri assolutamente a picco, con piccole cascate e resti di antiche attività legate allo sfruttamento dell'acqua (mulini e filande). Con supremo sprezzo dell'ernia, e nonostante indossassi due sandali a frate anziché scarpe adatte, sono anche sceso (e poi risalito!) fino al torrente e ho avuto la soddisfazione di mettere i piedi nell'acqua gelata. Sono poi risalito al borgo col camioncino dell'associazione che gestisce le escursioni, che ci hanno anche offerto un po' di stuzzichini a base di peperoncino: buonissimi, ma ci sarebbe voluta tutta l'acqua del Raganello per spengere il fuoco. E ho finalmente trovato aperto (al terzo tentativo!) il Museo della Comunità arbereshe, che racconta la storia di questo paese, a partire dalle vicende di Skanderbeg, spiega che Civita è l'italianizzazione derivata da un fraintendimento dell'albanese Cifti, che significa nido d'aquila, documenta i riti religiosi (esiste, con sede a Lungro, un’“eparchia greco-bizantina dell'Italia continentale”), il folklore. La comunità arbereshe pubblica anche una rivista bilingue, di cui mi hanno regalato una copia.


A Rossano tutto è organizzato per mandarti a vedere il Codex purpureus, un evangeliario miniato con abbondante uso di oro, argento e porpora, prodotto ad Antiochia di Siria verso il 550 d.C. e finito a Rossano quando, al tempo dell'iconoclastia ( la "distruzione delle immagini sacre" ordinata dall'imperatore bizantino Leone III Isaurico nel 726) molti monaci orientali che si opposero al provvedimento ( e furono detti basiliani o "iconodùli", schiavi delle immagini) si rifugiarono in Calabria. E in effetti le 15 miniature, che vengono proiettate e illustrate ai visitatori da una guida del Museo Diocesano, valgono di per sé il viaggio. Ma a una decina di Km da Rossano, inoltrandosi sulla Sila attraverso sentieri improbabili, dove non si incontra nessuno e ci si chiede dove si stia andando (io mi metto dietro a un'altra macchina, l'unica che sembra fare la mia stessa strada, ma a un certo punto la macchina si ferma e il conducente chiede a me la direzione per raggiungere il sito) si arriva, se se ne ha la costanza, al Patirion o “Abbazia di Santa Maria del Patire”. È come un'apparizione che ti si presenta all'improvviso, quando non ci speri più. È una grande chiesa, con un'abside che mi ricorda San Piero a Grado, e con all'interno un meraviglioso pavimento mosaicato con figure zoomorfe. Qualcosa che, nonostante sia monocromo e non policromo, fa pensare ad Aquileia. La Chiesa, dell'XI-XII secolo, insieme a pochi resti del chiostro, è quel che rimane di un'abbazia fondata sul sito di antichi eremi di monaci iconodùli. E nel centro di Rossano c'è una chiesetta bizantina che dall'esterno appare bellissima, ma purtroppo l'ho sempre trovata chiusa, la Panaghìa. C'è, aperta ma spoglia all'interno, la Chiesa di San Marco Evangelista, con sei bellissime cupole. E quest'ultima chiesa è in un quartiere, chiamato la "Grecìa", che finisce con una pendice di dirupo, dove si può scendere attraverso un sentiero da capre e si trovano cappelle, spesso ristrutturate in epoca rinascimentale e barocca, sul sito di antichi eremi: qualcosa che ricorda le chiese rupestri della Cappadocia!



Santa Severina, a una trentina di Km da Crotone, verso l'interno, è, secondo me, il borgo più bello che ho visto nel corso di questo viaggio. C'è un castello, che ha una superficie pari a circa il 40% dell'abitato, ed è (cosa rara da queste parti) visitabile seguendo un itinerario organizzato, lungo il quale ti vengono fornite informazioni. Una serie di scavi archeologici e di esposizioni documentano tutte le fasi di passaggio dal kastron bizantino dell'VIII-IX secolo al castello normanno, alla fase sveva, angioina, aragonese e infine a quella del vicereame spagnolo, durante la quale il castello fu usato come residenza feudale dei Carafa.
Poi c'è la Cattedrale. Ma soprattutto c'è un Battistero bizantino, con capitelli di recupero greco-romano. Questa struttura viene fatta visitare da una guida improvvisata che te la apre e te la illustra in cambio di qualche spicciolo.

Foto tratta dal sito http://borghipiubelliditalia.it

Stilo ho dovuto visitarla affrettatamente, perché alloggiavo a 35 Km dal borgo. La "Cattolica" è davvero il più bel monumento bizantino della Calabria: è un quadrilatero perfetto, sormontato da una cupola centrale e quattro laterali, tutto in mattoni a reticolo, e all'interno è sorretto da quattro colonne di recupero e affrescato con pitture che vanno dal X secolo (epoca di costruzione dell'edificio), fino al XIII-XIV. L'edificio serviva come katholikon, luogo di riunione e preghiera comune per i monaci basiliani che popolavano gli eremi costruiti nelle pareti rocciose circostanti, alcuni dei quali sono raggiungibili con un sentiero del Parco della Cattolica, che ha anche costruito un percorso che permette di raggiungere e visitare, più in basso della Cattolica, le rovine di un grande convento delle Clarisse. Nel borgo ci sono alcuni grandi edifici ecclesiastici e conventuali situati all'esterno (S. Francesco e S. Giovanni Theresti), che hanno oggi un aspetto barocco probabilmente risalente alle ristrutturazioni successive ai terremoti del 1694 e del 1783. Il borgo medioevale lo visito piuttosto affrettatamente.

Foto tratta da http://mediterraneinews.it/

Gerace ha un'autentica meraviglia bizantino-normanna: la cattedrale dell'Annunziata. E ha una serie di percorsi di grande suggestione nel centro storico. Non bisogna assolutamente omettere la visita al Borgo maggiore, che è un po’ faticosa: bisogna fare circa un chilometro di discesa e poi di risalita ripidissima. Ma il Borgo è bello quasi quanto la città murata, e c'è una chiesa di origine bizantina, Santa Maria del Mastro, dell'XI secolo, che purtroppo non è visitabile all'interno ma all'esterno lascia senza fiato. Gerace appare già più organizzata turisticamente dei borghi che ho visitato in precedenza. Ci si incontrano un po' di turisti stranieri, e un minimo di lavoro di valorizzazione locale sembra venga fatto. Ma non si spiega come mai due dei tre ristoranti del centro siano chiusi, e si debba far riferimento solo al pur ottimo "Il brillo parlante".

Foto tratta da http://www.marcopolo.tv

Sul piano più strettamente archeologico, durante il mio soggiorno in Calabria ho visitato Sibari, Caulonia, Locri e il Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria.
Sibari è decisamente il sito organizzato peggio: scavi archeologici e museo sono a un Km di distanza, scarsamente collegati tra loro. Il Museo, che è al limite della località balneare di Sibari, presenta cinque stanze assai ben strutturate, sulla protostoria, sui resti dell'antica Sibari prima della distruzione da parte dei Crotoniati nel 510 a.C., sugli scavi del territorio, sui resti di Thurii, la colonia panellenica dedotta da Pericle nel 444 a.C. in cui Erodoto trascorse i suoi ultimi anni e Lisia ricevette la sua formazione retorica (e in questa stanza c'è l'originale bronzeo del IV sec. a.C. del toro recalcitrante), sui resti di Copia, la colonia latina dedotta nel 193 a.C. e inventata municipium nel 91. Gli scavi invece sembrano in totale abbandono. Anche se i resti visibili sono solo quelli di Copia, e prevalentemente quelli della facies tardoantica di questo insediamento, ci sarebbero molte cose interessanti da vedere; una plateia ad emiciclo di età repubblicana trasformata in teatro nel II sec. d.C., alcune domus con tracce di affreschi, segni di ricostruzione di una porta urbica da parte di un imperatore. Ma non c'è un bookshop, non c'è un dépliant, i cartelloni con le didascalie appaiono quasi tutti divelti e non rialzati, le rovine vengono lasciate liberamente calpestabili, compresi i pavimenti mosaicati.

Foto dal sito http://www.beniculturali.it/mibac

Il sito archeologico di Kaulòn non è nell'attuale borgo di Caulonia, ma più a Nord, al limite settentrionale di Monasterace marina. Kaulòn fu una fondazione achea, quanto meno agevolata da Crotone in contrapposizione a Locri e a Siracusa. Ebbe una fase di intenso sviluppo tra VI e V secolo, fu distrutta da Dionisio I all'inizio del IV secolo, ricostruita in dimensioni più modeste in età ellenistica, e definitivamente distrutta dai Romani perché era diventata una delle basi di Annibale durante la II Guerra Punica. Il ritrovamento della città si deve Paolo Orsi, e ricordo di aver letto in proposito un romanzo dello scrittore calabrese di origine arbereshe Carmine Abate (mi pare si intitolasse "La collina del vento") sull'amicizia tra il grande archeologo e una famiglia di contadini del luogo. Questo sito, oggettivamente meno rilevante di quello di Sibari, è però organizzato in maniera esemplare. Si acquista un biglietto unico e si visita prima di tutto l'Antiquarium, a ovest della Statale 106, dove sono esposti i rivestimenti fittili di alcuni edifici templari e privati, e un interessantissimo mosaico ellenistico del III sec. a.C, che è stato trovato in una casa privata e rappresenta, con scopo probabilmente apotropaico, un drago. Ci sono anche grandi vasi pieni di pece pietrificata, che testimoniano quella che doveva essere la più importante attività economica del luogo: l'intermediazione commerciale tra la Sila, da cui provengono questi materiali indispensabili per le costruzioni navali, e la costa. Dopo aver visitato l'Antiquarium si attraversano con due sottopassi la 106 e la ferrovia e si visita la zona costiera degli scavi. È una passeggiata di 800 metri lungo il mare, e vengono messe in evidenza le fondamenta della villa dove è stato trovato il mosaico del drago e una grande area templare, con un imponente tempio dorico, proprio a ridosso dell'abitato moderno di Monasterace Marina.



Degli scavi di Locri avevo un cattivo ricordo, perché una decina di anni fa, insieme a Domenico Accorinti, ci era sembrato non ci fosse altro che pietre ammucchiate alla peggio. Va detto che fu una visita affrettata, nel tardo pomeriggio. Locri invece va visitata la mattina, con almeno tre ore di tempo, perché l'area è molto vasta. E bisogna cominciare dall'Antiquarium, perché è proprio quella raccolta di reperti (che la volta precedente non avevamo potuto vedere) che dà un senso ai luoghi dello scavo, non abbastanza (nemmeno oggi) illustrati dalle didascalie.
Gli scavi mettono in evidenza larghi tratti del circuito delle mura urbane ( 7 Km), una "casa dei leoni" che, come si capisce dopo aver visitato l'Antiquarium, era adibita alle addette al culto di Adone tra il IV e il II sec. a.C. Ci sono poi ampi resti di un quartiere artigiano e di un mercato al di là delle mura, resti dell'area sacra (un'area di culto di Demetra Thesmophorios che ha avuto due fasi di costruzione, una nel VI e una nel IV sec. a.C., un tempio di Zeus Keraunophoros e uno, dedicato non si sa bene quale divinità, che ha avuto due successive fasi di costruzione, una secondo l'ordine dorico e una secondo l'ordine ionico. Ma soprattutto è stato recuperato (e probabilmente 10 anni fa non era ancora accaduto) il "Casino Macrì", una casa padronale ottocentesca nelle cui fondamenta e nelle cui cantine sono state trovate terme romane del II sec. d.C. e, più sotto ancora, resti di pavimentazione stradale e di edilizia abitativa greca. Il I piano del casino Macrì è adibito a esposizione museale dei reperti romani della Locride. Il teatro greco, scavato nel 1941 da Paolo Enrico Arias, è chiuso ma visitabile dall'esterno. Ci si può arrivare con la macchina a 1 Km dall'ingresso del Museo.



Reggio Calabria l'ho visitata mercoledì 25 luglio in escursione da Gerace. Ho preso la via interna che da Gerace arriva a Taurianova e poi a Gioia Tauro attraverso l'Aspromonte. Il paesaggio era incantevole e ripagava dell'estrema difficoltà della strada. A un certo punto ho proprio avuto l'impressione di entrare dentro una nube, all'interno della quale i raggi del sole producevano strani giochi di luce: stupendo, ma non comodo per uno come me che non lava mai i vetri della macchina.

Comunque sono riuscito a prendere la SA-RC a Gioia Tauro e ad arrivare a Reggio Calabria alle 10 di mattina.
Sono subito andato al Museo Archeologico Nazionale. Mentre mi ricordavo di una fase precedente in cui al Museo ti facevano vedere i bronzi di Riace e quasi nient'altro, ora è stato costruito un percorso interessantissimo, che parte dal piano più alòto (A) e ti fa entrare nella camera di purificazione da cui devi passare per vedere i bronzi solo immediatamente prima dell'uscita. Ho apprezzato soprattutto i tre piani intermedi, che documentano la storia delle città greche della Calabria, consentendo a chi ha visto prima gli scavi archeologici di riconnettere i luoghi: così mi è successo, ad esempio, per il tempio prima dorico e poi ionico di cui avevo visto le fondamenta a Locri, e di cui qui ho potuto apprezzare l'ornamentazione scultorea e architettonica. Una grande attenzione è rivolta, come è giusto, alle vicende di Reggio e a quelle dell'interazioni tra i Greci e le popolazioni preesistenti (Brettii e Lucani). Da ultimo i bronzi, non c'è niente da fare, ti danno proprio la sindrome di Stendhal.
Uscito dal Museo verso mezzogiorno mi sono fatto il Lungomare dedicato a Italo Falcomatà. D'Annunzio avrà forse esagerato a definirlo il chilometro più bello d'Italia. Ma certo la visuale dello stretto e della costa siciliana, il giardino pieno di piante tropicali gigantesche a cui, purtroppo, non so dare un nome, le installazioni artistiche del Novecento, alcune delle quali proprio belle, il tentativo commovente di recuperare qualche pietra delle mura greche e delle terme romane e anche la dignità delle architetture liberty innalzate dopo il terremoto del 1908: tutto questo insieme fa un bell'effetto. Tanto più se si pensa che questa è una città che negli ultimi cinquecento anni ha subito quattro terremoti di estrema distruttività (1562, 1693, 1783, 1908).

Foto di Tommaso Greco

Per quanto riguarda la qualità delle sistemazioni, ho avuto di tutto, di più: a Paestum sono stato in un granaio del Settecento ristrutturato ad albergo, "Il granaio dei Casabella"; a Siracusa in un minihotel, "Il ciclamino", gestito da una signora cinese, e devo confessare che le regole dell'albergo, scritte in un Italiano chiaramente tradotto dal Cinese, che tra l'altro sentivano il bisogno di precisare, al punto 4 "vietato esercitare gioco d'azzardo, prostituzione, droghe e altre attività criminali" un po' mi hanno insospettito, anche se non è successo niente. La sistemazione a partire dalla quale ho visitato Stilo e Caulonia, la "Pietra di Fonte" era un posto lussuosissimo perso nel niente, sulle pendici della Sila a una decina di Km da Roccella Jonica, e la notte in cui ci ho dormito io ci si è tenuta una festa disco che è durata dalle 23 alle 2,30. A Gerace ho praticamente avuto a mia esclusiva disposizione una casa nel centro storico. L'eccentrica signora, ex insegnante di Inglese, che gestisce il B&B "Casa Ferrari" mi ha telefonato mentre stavo visitando gli scavi di Locri, mi ha dato un appuntamento alla porta del Museo, mi ha accompagnato a casa sua a Gerace, dopodiché mi ha detto che lei stava a Locri, che il custode del B&B non c'era, che io potevo dormire dove mi pareva e usare tutto ciò che c'era in cucina e nel frigorifero, perché ero l'unico ospite. Naturalmente io ho solo consumato tutta l'acqua che c'era nel frigorifero e preso in prestito qualche libro dalla biblioteca; dopodiché ci siamo risentiti per telefono per dirle dove avevo lasciato le chiavi.

A Santa Severina sono stato alloggiato in un vero agriturismo, e ho particolarmente apprezzato i salumi tipici di loro produzione.
Ma la sistemazione più bella che ho avuto è stata l'Albergo Merùo a Morano: due gestori, padre e figlio, che ti trattano proprio come un ospite con cui si ha desiderio di parlare, ti danno indicazioni e informazioni preziose, ti fanno sentire a casa.

Infine per quanto riguarda il cibo, va da sé che ho apprezzato molto i cavatelli al baccalà de La Cantina di Morano, e, sempre a Morano, il tortino d'acciughe dell'antico borgo. Mi sono piaciuti tanto i fagioli e cozze della trattoria Romana a Rossano. Dal "Brillo parlante " di Gerace ho apprezzato la "Pasta alla Geracese" e gli stuzzichini a base di verdure fritte. Mi è piaciuta tanto anche la pasta con la 'nduja, ma si è trattato di un amore non corrisposto. Sebbene della 'nduja i locali vantino le proprietà afrodisiache, io sono in grado di certificarne quelle lassative.



* Massimo Baldacci è docente di Latino e Greco nel Liceo Classico 'Galileo Galilei' di Pisa.

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