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Visualizzazione dei post da 2015

Cassiodoro e lo scrittore

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Un racconto di Mimmo Bitonto Tutto principiò dalla miseria, quella vera, cui mio padre, sventurato uomo, ci ridusse. Per tanto almeno credo gli debba esser grato, infinitamente e con filiale affetto. Vivevamo nello sfarzo, nel più bieco lusso, io non conoscevo sacrifici, gli stenti dei ragazzini miei coetanei mi sembravano burla, il loro aver di continuo fame un capriccio. Dalla miseria iniziai a diventare uomo , e da mio nonno materno, potendo grazie a lui scrutar l’animo umano, scrittore . Papà, mercante scaltro come pochi, accumulò beni a dismisura, finché conobbe conti e marchesi, prodighi e spilorci, puttane e biscazzieri. Divenne gaudente, in un amen dissipò ogni ricchezza, sfumò i terreni al baccarat, a la roulette, a zecchinetta; al banco dei pegni di Rossano impegnò, meglio, lasciò gli ori di famiglia, conservati da generazioni; poi passò ad alienare il minuto, vacche cavalli asini e muli, fino agli animali che razzolavan nel cortile. Cominciò a mancarci il neces

La Calabria del Nord-Est senza fantasmi

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di Tommaso Greco Angelo Tommasi, Gli emigranti (1896) - Galleria Nazionale di Arte Moderna, Roma 1. La Calabria del Nord-Est è una terra dai contorni indefiniti che per decenni si è stretta intorno ad un fantasma. Questo fantasma — l’aereoporto di Sibari — è stato (e per qualcuno è ancora) come il Caciocavallo di bronzo cantanto e scritto da Peppe Voltarelli: simbolo e sintesi di tutte le speranze e di tutti i fallimenti di una terra e di una gente, che hanno guardato a questo sogno impossibile come alla panacea miracolosa che potesse mettere fine a secoli di disperazione, di arretratezze, di ingiustizie. Pensavamo all’aeroporto di Sibari e dicevamo: se ci fosse quello, tutto sarebbe sistemato! Figuriamoci… Forse verrà un giorno in cui questa terra riuscirà a stringersi intorno a qualcosa di meno aleatorio e di più reale, agganciando la sua identità alle risorse che il suo territorio — pur continuamente schiaffeggiato, persino da chi lo abita — continua ad offrire cop

Ricordo di Cesare Curcio

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di Pietro Ingrao [Questo articolo di Pietro Ingrao è del 18 novembre 2004 e riguarda i suoi rapporti con la Calabria. L’articolo è disponibile — insieme a tutta l’opera del dirigente comunista scomparso il 27 settembre 2015 — sul sito http://www.pietroingrao.it/ . La foto, che ritrae Ingrao con alcuni iscritti alla sezione PCI di Pedace, è presa dal sito http://www.mmasciata.it/. Cesare Curcio, cui è dedicato l'articolo, è stato un antifascista, poi parlamentare del Partito Comunista. Anche quella dell'antifascismo calabrese è una storia tutta da recuperare e l'articolo di Ingrao ne è una testimonianza]. Ho conosciuto Cesare Curcio nel mese di marzo del 1943. In quel tempo io ero clandestino. Facevo parte da circa 5 anni di una organizzazione comunista, che agiva dagli anni trenta a Roma, e che aveva tra i suoi promotori Antonio e Pietro Amendola, (figli di Giovanni, martire antifascista assassinato da sicari di Mussolini) e Bruno Sanguinetti, Lucio Lombardo Radice

Un libro (in)dimenticato

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di Pierpaolo Cetera Nell’agosto del 1979, per i tipi della gloriosa casa editrice Lerici (“gloriosa” almeno per le proposte agli inizi della sua carriera), che aveva sede in via della Repubblica a Cosenza, uscì un volumetto di 230 pagine in un color aragosta (diciamolo, un po’ avveniristico, se confrontato con i grigi o bicromatici – ma sempre scuri! – colori di altre edizioni concorrenti ...), scritto da un antropologo dall’iter esistenziale particolare, autore di numerosi lavori che hanno fatto la storia “italiana” dell’antropologia negli anni del fine secolo: Gualtiero Harrison. Il titolo del libro era Nelle Mappe Della Calabria. Il sottotitolo recava la dicitura “scorribande antropologiche” … e la cosa già suscitava un certo interesse (almeno per i recenti “appassionati” alle discipline antropologiche, come il sottoscritto). Per certi aspetti l’opera in questione mi si presentava già dall’immagine usata (un vecchio portolano medievale; il grafico del volume era L. Marti

Il dono delle fate

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di Pierpaolo Cetera Delle complesse interconnessioni e legami tra il presente e il passato di un luogo e di una società ne è consapevole la gran parte delle donne e degli uomini dediti agli studi. Quel che sfugge, mi pare, è che il presente non sorge all’improvviso – come una Pallade Atena dalla testa di Zeus- e non è un’epifania: ogni cosa è legata con fili sottilissimi alle successioni temporali, ogni realtà è frutto perché ha radici. Anche un oggetto qualsiasi, che ci sta davanti agli occhi “qui e ora”, pur essendo manufatto da qualche giorno, da qualche mese o da qualche anno, rimanda a un intreccio che assomma la nostra esperienza collettiva con l’abilità e la conoscenza dell’individuo che l’ha progettato, del soggetto ( o i soggetti) che l’ha (hanno) realizzato; e tutto rimanda a chi vivendoci ne mostra l’utilità o la bellezza (o, per contro, l’abuso o lo sfregio) per la sua e la nostra vita. L’intelligenza dovrebbe esentarci dal culto feticistico delle origini e dell’