Post

Visualizzazione dei post da 2020

MAROCCO

Immagine
Lungo le strade del Marocco  ho visto una creatura di sabbia  e pietre, su cui le donne si muovono leggere, portando i loro fardelli, avvolte nei veli colorati. Silenziose si scostano  dagli uomini che affollano i mercati o che all'ombra aspettano il muezzin che proclami l'ora della preghiera. Solo i ragazzi sorridono  mentre tornano dalla scuola piroettando sulla bicicletta o camminando senza fretta lungo il ciglio della strada. Mi accorgo di aver già vissuto  il Marocco nel grido degli ambulanti che giravano il paese carichi di tappeti, e ancor più nella mia gente:  accompagnando mia madre al fiume dove lavava le coperte  e poi le stendeva al sole sulle pietre; andando incontro agli asini su cui uomini cotti dalla fatica tornavano  al focolare nell'ora del tramonto; negli operai sulle 'nnajte  di tavola, che costruivano le case coi blocchetti di cemento. Non è lontano, per me, il Marocco.  Nelle sue facce olivastre,  nelle sue attese operose,  nei vicoli stretti tra l

Per rinascere, la Calabria riscopra i doveri

Immagine
  di Tommaso Greco   Perché parlare di doveri in una terra in cui, più che altrove, si avverte una tragica mancanza di diritti? Non diciamo continuamente che soprattutto in Calabria non c’è alcuna garanzia di alcuni diritti fondamentali come quelli al lavoro e alla salute? Personalmente, credo che la ragione principale di questa mancanza stia soprattutto nel fatto che ci si è dimenticati dei doveri.  È abbastanza facile dimostrare con un esempio come sia il generale disprezzo per i doveri a fare in modo che certi diritti esistano per i calabresi solo sulla carta. Se la Calabria è la regione con il maggior tasso di “emigrazione sanitaria” (si va nelle altre regioni per essere curati, spessissimo da medici calabresi che lavorano al Nord) è certamente perché molti dentro gli ospedali non fanno il loro dovere (o non lo fanno in modo adeguato).  Ma sarebbe miope pensare solo in termini così ristretti. I doveri violati da qualcuno dentro un ospedale sono frutto di una lunga serie di altri

‘A truscia’ e l’origine dei doveri

Immagine
Silvestro Lega, La visita (1868) di Tommaso Greco Quando morì mio nonno Tommaso, esattamente trent’anni fa, trovai in un cassetto un foglio scritto a mano nel quale erano segnati i nomi delle persone che erano andate a trovarlo allorché, tempo prima, era stato in ospedale ed era poi tornato a casa. Insieme ai nomi era segnato ciò che gli avevano portato: caffè, zucchero, succhi di frutta, biscotti, e altre cose di questa natura. Chi è cresciuto al sud fino a tutti gli anni ‘80 sa benissimo di cosa sto parlando. Di una pratica sociale, cioè, che in determinate situazioni impone determinati obblighi, la cui esecuzione è alla base del legame sociale. Obblighi piccoli e grandi, che regolano i comportamenti quotidiani nelle varie occasioni: quando ci sono nuove nascite, quando ci si sposa, quando muore qualcuno. Ognuno sa cosa deve fare , perché quelli sono gli obblighi tipici ai quali bisogna attenersi in quella determinata situazione. Il promemoria di mio nonno era stato o

CALOVETO

Immagine
Caloveto - Largo Notar Passavanti (© Tommaso Greco 2013) di Padre Vincenzo Cosenza Seduto sul gradino della porta di casa mia respiro la vita che “Largo Notar Passavanti” sussurra con le pietre dei vecchi muri e anche con le nuove che non sanno del passato. Ognuna di loro mi racconta un volto una voce un sorriso: mi ricorda la serena filatura della lana e lo sferruzzare veloce e preciso delle vicine e della mamma intente a realizzare senza pensare calze, maglie, maglioni: una fabbrica manifatturiera che canta vita e affetti in ogni angolo di quel minuscolo spazio del mio vicinato. Sento le voci vedo i volti di quelle presenze e ognuna occupa il suo posto: di ciascuna figura pennellate di colori che il tempo non ha cancellato dal mio intimo più profondo. E le pietre sono là su quei muri che mi parlano e aspettano ogni giorno una nuova alba a cui raccontare quella passata svegliata dal tintinnio

Ma Dio dov’è?

Immagine
Crocifisso ligneo - Chiesa di San Giovanni Calybita (Caloveto) di Sergio Caruso In questi giorni di forte preoccupazione, dolore e paura, la domanda prevalente è: «Ma Dio dov'è? Perché non ferma questa pandemia? Non sta ascoltando le nostre preghiere? Perché permette tutto questo dolore, queste morti?». E, proprio in questo periodo, abbiamo ripercorso i riti della Settimana Santa. In solitudine, certo, ma non per questo meno importanti o meno significativi. Fra le varie fasi della Passione di Cristo, ci rendiamo conto che si arriva proprio a quella, forse, più attuale: Gesù viene crocifisso. Allora come ora, Dio sembra non essere presente. Permette questo flagello. Anche a Gesù viene chiesto di salvarsi, anzi... «Tu che distruggi il tempio e lo ricostruisci in tre giorni, salva te stesso! Se tu sei Figlio di Dio, scendi dalla Croce!». E ancora: «ha salvato gli altri, non può salvare se stesso. È il re d'Israele, scenda ora dalla croce e gli crederemo. Ha conf

I RITI DELLA SETTIMANA SANTA A CALOVETO (CS)

Immagine
di Mario De Vincentis Premessa Caloveto è (ormai) un piccolissimo paesino di mille anime arroccato su di un costone roccioso che domina la valle del Trionto fino a gettar lo sguardo sul mar Jonio. Mare da cui nel 750 d.C. arrivarono, da Costantinopoli , i monaci calibiti che scappavano dalla persecuzione iconoclasta ordinata da Leone III Isaurico. Attorno al nucleo monasteriale (che seppur  “latinizzato” nel 1257,continuerà ad officiare con rito greco fino al 1584) nasce la prima comunità da cui si svilupperà il resto del paese. Purtroppo , di quella bizantinità di cui l’intero territorio ha goduto per secoli, a Caloveto resta ben poco, quasi niente, se non il solo culto rivolto al Santo Patrono Giovanni Calibyta. Forse ciò è anche dovuto alla poca sensibilità culturale da parte di chi ha avuto nelle mani ( tra il XVIII e XIX sec.) la vita religiosa e civile del paese (che pure era stato centro di formazione spirituale e culturale per molti fra cui S. Bartolomeo di Rossano

Don Mimmo ai "Gliastriti". Ovvero: chiesa e comunità in un paese della Calabria jonica

Immagine
  di Tommaso Greco Da ieri circola su Facebook la foto che vedete in cima a questo articolo. Ritrae don Mimmo Strafaci che dice messa, nel giorno della Domenica delle Palme, in un luogo chiamato Gliastriti (la pronuncia purtroppo non è riproducibile). Il senso della foto è stato còlto perfettamente dall’amico Umberto Mazza, che l’ha postata sulla pagina del Laboratorio: “L' immagine di Don Mimmo che dice la messa agli unici uditori che si possono permettere di circolare liberamente in questo periodo, richiama alla mente San Francesco, ma potrebbe andare bene anche Sant'Antonio Abate: Cropalati [ di cui Sant’Antonio è protettore ] è 'nguacciu [ di fronte ] . I Gliastriti sono un luogo ameno, caro alla mia fanciullezza. Ricordo ancora il fruscio lento del vallone di Mèrula; gli oleandri fioriti; il profumo di zagara “e ru jardinu e Vampa”; le querce maestose a Culomini ed infine il padrone incontrastato di quel luogo: Triontu! Non so se Umberto ricorda che