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Visualizzazione dei post da 2017

Contro l’oblio che colpisce i semplici. In memoria di Aurelia e Peppinu

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di Tommaso Greco Il 31 ottobre del 1992, a Caloveto, fu una giornata che nessuno di quelli che c’erano potrà mai più dimenticare. Arrivarono carabinieri da tutta la Calabria: armati, con le macchine, le jeep e persino gli elicotteri, arrivarono uomini in divisa, compresi quelli dei reparti speciali, dai più bassi in grado fino ai comandi più alti della Regione. Scene mai viste, se non nei film che si guardavano in televisione. Caloveto è (ancora oggi) un paese dove succedono solo cose ‘normali’, mentre quella volta, addirittura, finimmo sulle pagine dei giornali nazionali . Era successo un fatto inaudito, di cui — insieme alle tombe di chi ci rimase ammazzato — resta ancora la fredda testimonianza dei numerosi colpi di proiettile stampati su una porta di ferro di un’isolata casa di campagna. Era successo questo: due calovetesi — Dante Licciardi, di 49 anni, conosciuto da tutti come Peppinu , e sua madre, Aurelia Comite, di anni 81 — erano stati uccisi dagli uomini del Coma

“Cchi mi cunti?” Tre forme del radicamento nei racconti di Mimmo Bitonto

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di Tommaso Greco Alla memoria di zu Giuseppe Mazza,  grande cuntastorie di Caloveto Michele Tucci - Crosia La raccolta di racconti appena pubblicata da Mimmo Bitonto — Cunta cu  (Edizioni Città del Sole, Reggio Calabria) — ha un titolo bellissimo e familiare. Quando noi calabresi incontriamo qualcuno gli chiediamo sempre “cchi mi cunti?” (“cosa mi racconti?”). Dice giustamente Pierpaolo Cetera nella prefazione al volume che l’espressione “cunta cu” è da intendere come «un invito, un’attesa». Ciò significa che ‘cuntare’ è attività che implica l’esistenza di una relazione, e per questo dire a qualcuno “cchi mi cunti?” è un modo per ristabilire una relazione interrotta dalla distanza o dal tempo, per creare una complicità, magari anche solo momentanea. Ma cuntare è anche un tramandare , consegnare qualcosa a qualcuno perché lo possa custodire, e magari lo consegni a sua volta a qualcun altro. Anzi sappiamo bene che quando una cosa l’abbiamo cuntata , essa è potenzialme

Calabria del Nord-Est: trent’anni… in marcia indietro

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di Tommaso Greco Foto di Francesco Sapia Sono passati trent’anni da che sono partito dalla Calabria. Lo dico non perché voglia infliggere ai lettori memorie personali, e men che meno per fare riflessioni sconsolate sul tempo che passa. Lo dico perché questa evenienza mi permette di proporre una riflessione che vuole avere carattere pubblico e che ha a che fare, non con il sottoscritto, ma con la Calabria che ho lasciato e che ritrovo ogni volta. E la riflessione che voglio fare è la seguente, qui sintetizzata nella maniera più semplice e diretta possibile: in questi trent’anni la Calabria che ho lasciato, quella che vivo e sperimento ogni volta che ci ritorno — per intenderci: la Calabria che Franco Filareto ha chiamato ‘ Calabria delNord-Est ’, quella compresa tra Sibari e Cariati — ha fatto passi da gigante; ma sono stati passi compiuti all’indietro, non in avanti. Passi verso il peggio e non verso il meglio. Quando mi sono iscritto all’Università di Pisa nel 1987 si via

Carmine Abate

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Continuiamo ad arricchire le pagine del Laboratorio Camenzind con i contributi che Giuseppe Muraca ha dedicato alla letteratura calabrese. Muraca è ben conosciuto come critico letterario, attento soprattutto agli autori 'eterodossi' (come ad es. Luciano Bianciardi, cui ha dedicato una monografia). Egli ha svolto anche una intensa attività di promozione culturale, fondando riviste e case editrici, collaborando con intellettuali di diversa provenienza, e stando dunque da protagonista all'interno di un'ampia e vivace rete culturale. Dentro questa rete si colloca anche la sua collaborazione con l' " Ora locale ", la rivista fondata e diretta da Mario Alcaro -- una delle maggiori e più importanti esperienze nate in Calabria negli ultimi decenni e una delle voci protagoniste della rinascita 'meridiana' --, sulla quale Muraca ha pubblicato diversi articoli. Riprendiamo qui due contributi dedicati da Muraca a Carmine Abate , lo scrittore di Carfizzi il cu

Guerre meridiane

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Un 'vizio' del meridionale, se così si può dire, è quello di parlare di se stesso e degli altri meridionali come un tutt'uno, come se fossimo fatti tutti della stessa sostanza. Le distinzioni vere, quelle che sentiamo reali, sono quelle che riguardano il nostro rapporto con gli 'altri' non-meridionali: i settentrionali, i nordici. E' uno schema semplice, che spesso ci fa sentire "a casa", che ci rassicura, e che ha fatto anche la fortuna di programmi televisivi e canali youtube. E tuttavia, come ci ricorda continuamente la cronaca e come constatiamo tutti i giorni, i meridionali non sono tutti uguali. Non solo nel senso in cui ciò può valere per tutti gli uomini e per tutti i popoli. I meridionali non sono tutti uguali soprattutto con riguardo al loro rapporto col meridione stesso: c'è chi  il Meridione  lo invoca e lo cerca continuamente, anche da lontano, e chi invece se ne allontana e se ne dimentica, anche continuando a viverci tutti i gio

Mario La Cava

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[Con l’intenzione di aprire una galleria di ritratti dei nostri “maggiori” e di comporre una sorta di   Biblioteca meridiana , ripubblichiamo un articolo di Giuseppe Muraca dedicato a Mario La Cava. L’operazione di riedizione delle opere dello scrittore calabrese, cui Muraca fa riferimento, è stata purtroppo interrotta – anche a causa della grave malattia che ha colpito il curatore Renato Nisticò -- e non se ne trova più nemmeno traccia nel catalogo on-line di Donzelli. Oltre che un vero peccato, si tratta di un monito a non dimenticare che anche i piccoli segni di rinascita e di speranza hanno bisogno di essere curati nel tempo, altrimenti vanno perduti. Il recupero di questo breve scritto vuole andare in questa direzione ( tg )]. di Giuseppe Muraca Il localismo e il municipalismo sono stati per lungo tempo i tratti caratteristici della cultura (e quindi anche della letteratura) calabrese. Certo, non sono mancati alcuni isolati tentativi di segno contrario, ma in gene