Invito alla decrescita
di Sergio Caruso
La
salute del sistema economico attuale viene indicata mediante il PIL (prodotto
interno lordo), che misura il valore monetario dei beni e dei servizi che una
Nazione riesce a produrre. Secondo questo criterio più riusciamo a produrre e
più il nostro benessere aumenta, e quindi parliamo di progresso. In questo
sistema, nel quale le valutazioni si basano su criteri quantitativi, tutto deve
“aumentare”: la produzione, gli investimenti, le automobili, ecc. Ma secondo
Maurizio Pallante, fondatore del “Movimento per la decrescita felice”, questo
sistema è ormai giunto alla fine e, soprattutto, il PIL non è affatto indice di
miglioramento e di progresso. Pallante sostiene, in breve, che il PIL sia un indicatore
sbagliato per misurare il progresso sociale e il benessere. Prima di tutto
perché, anche aumentando la produzione di merci, non si riscontra né un aumento
di benessere né un aumento di occupazione. La felicità, il benessere, la
qualità della vita non hanno alcuna relazione diretta con la ricchezza
materiale. Avere molto non significa stare bene. Inoltre, perché produrre merci
senza un reale bisogno aumenta anche l’inquinamento e i rifiuti, arrivando a
minare irreversibilmente l’ecosistema che è già giunto al proprio limite: i
cambiamenti climatici dei nostri giorni, dovuti proprio all’inquinamento, sono
sotto gli occhi di tutti. Pertanto l’autore di questo libro, intitolato Meno e meglio. Decrescere per progredire, pubblicato nel 2011 da Bruno Mondadori,
esorta ad effettuare una rivoluzione culturale per cambiare questo sistema, parlando
di Decrescita e proponendo di ridurre il consumo delle merci che non soddisfano
nessun bisogno. In consonanza con Serge Latouche, lo studioso francese che più
di ogni altro sta proponendo questa nuova “via”, Pallante è convinto che riducendo
il consumo si possa lavorare di meno, guadagnare di meno aumentando però il
tempo a disposizione per le relazioni sociali. Basta capire, scrive Pallante,
che se si compra meno, e quindi si può lavorare di meno, si stà meglio e che
una serata passata con i propri figli rende più felici di un paio di scarpe
alla moda di cui non si ha bisogno. Per cui secondo Pallante, così come è
scritto sulla 4° di copertina, “la decrescita non è la riduzione quantitativa
della produzione. Non è la recessione. E non è nemmeno la riduzione volontaria
dei consumi per ragioni etiche, perché la rinuncia implica una valutazione
positiva di ciò a cui si rinuncia. La decrescita è il rifiuto razionale di ciò
che non serve.”
Pertanto,
a chi è convinto che questo sistema sia ormai al collasso e guarda al futuro
con pessimismo, questo libro potrà suggerirgli che “dalla crisi di oggi, che è
ambientale, energetica ed economica, si potrà uscire se si saprà accogliere un
sistema di vita e di valori fondato sui rapporti tra persone, sul consumo
responsabile, sul rifiuto del superfluo”.
In
pratica, c’è un’alternativa possibile alla miseria del presente — anche se può
sembrare di difficile attuazione — e siamo tutti chiamati a praticarla.
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