“Tutto un programma!”

Pieter Brueghel il Vecchio, Banchetto nuziale (1568)


di Tommaso Greco


Sono il sindaco di un paesino calabrese. Mi spendo per il mio paese con tutte le energie a mia disposizione. Anche se risiedo in una cittadina diversa, sono presente tutti i giorni per risolvere i problemi dei miei concittadini. E infatti, i miei concittadini mi rispettano proprio perché mi considerano uno che risolve i loro problemi. Di questo vado molto fiero. 
Il paese che amministro è, come tutti i paesi calabresi, un luogo di immigrazione nel quale “i turisti” tornano ogni anno per passare le loro vacanze. Sempre meno, a dire la verità. Un tempo, tutti tornavano nel loro paese e riempivano la piazza e le strade fino a tarda notte. Da qualche anno a questa parte, quelli che decidono di tornare — molti, infatti, non vengono neppure — se ne vanno in giro in altri posti, magari affittano la casa al mare, o comunque si disperdono nei paesini vicini, sempre pieni di iniziative. Per affrontare questa situazione, ormai da diversi anni cerco di programmare un’estate fitta di eventi che possano attrarre compaesani e “turisti”, con la speranza di far ritrovare al paese quel clima di comunità che è stato la sua ricchezza da sempre. 
Ho pensato ad un programma pieno di cose belle: serate musicali e danzanti, presentazioni di libri, proiezioni di film che possano riempire la bella piazza appena rifatta, e perché no?, anche qualche bella serata piena di cose buone da mangiare, ma senza esagerare perché se no poi ci dicono che pensiamo solo a riempirci la pancia e che non ci interessano per niente la cultura e la crescita umana e sociale. 
Io, tra l’altro, sono davvero convinto che sia la cultura ciò che ci fa stare bene insieme e che può dare un futuro ai figli della nostra terra: proprio per questo ho sempre cercato di incentivare i giovani a ritrovarsi e a proporre iniziative, ho offerto loro degli spazi per portare avanti le loro idee e i loro progetti, ho cercato in tutti i modi di supportare qualsiasi proposta che potesse essere stimolante per la comunità, o anche solo per un gruppo di persone interessate. 

Solo che per portare avanti il programma servono i soldi. E i soldi non sempre ci sono. O meglio, ci sarebbero, ma non è sempre facile destinarli alle iniziative culturali. Ci sono sempre urgenze da sistemare, e — perché no? — appetiti da soddisfare (e gli appetiti, quando si è in un comune, sono tanti). Come fare, allora, per trovare i soldi che servono per il programma estivo? La risposta è molto semplice: chiedere un finanziamento alla Regione, dove qualche amico si farà portavoce della nostra richiesta e ci farà avere quanto ci serve. 
Mi sono messo quindi subito all’opera e ho stilato un bel programma, di quelli che addirittura ci farebbero fare un figurone in tutto il territorio, che pure è pieno di iniziative di grande successo (tra le quali ci sono diversi festival ormai celebri a livello internazionale). Ho scritto il mio programma, dicevo, e ne ho parlato con la mia amministrazione (politici e tecnici). Ho visto subito le loro facce perplesse e addirittura le loro risatine. “Ma dove vuoi andare con un programma così?!”; “Pensi davvero che una cosa come questa possa trovare udienza e ottenere dei finanziamenti?”; “Non sai come ragionano alla Regione Calabria?”. Questi sono stati i loro commenti. “Cose gastronomiche e mangerecce, devi proporre, se vuoi dei soldi dai nostri politici. Allora sì, che ti daranno quello che chiedi”. 
Questa è stata la conclusione, questa è stata la proposta su cui sono stato invitato a lavorare. Allora, sapete cosa ho fatto? Se è davvero questo il modo di ottenere i soldi dalla Regione, mi sono detto, farò una proposta che sia al loro livello. Anzi, li prenderò addirittura in giro, mettendo su carta una proposta che sembri addirittura ridicola, proprio per farli rendere conto dell’assurdità del loro modo di ragionare. Con l’aiuto prezioso della mia segretaria comunale (dico “mia” perché, purtroppo o per fortuna, i segretari comunali non hanno più quella indipendenza che gli permetteva un tempo di essere garanti della legalità e della correttezza dell’azione amministrativa; oggi essi sono alla completa mercé degli amministratori), con l’aiuto della mia segretaria, dicevo, ho scritto una richiesta di finanziamento che, a rileggerla ora, mi rende veramente orgoglioso dell’opera d’arte che sono riuscito a comporre. Se non sapessi di averla scritta io, farei i complimenti a chi è riuscito a produrre una così palese presa per i fondelli, che magari otterrà il finanziamento richiesto. 

Tanto per cominciare, ho scritto che la Giunta “vista la proposta di deliberazione, delibera di approvare la proposta di deliberazione”…. (e quasi me ne pento perché potrebbe essere già preso come un segnale di presa in giro da chi leggerà la nostra richiesta). 
La prima delle cose che mi sono divertito a inserire è però la modalità con la quale daremo pubblicità alla nostra iniziativa. La frase che ho scritto è un capolavoro letterario. Leggete: «La pianificazione della manifestazione sarà supportata da un’ampia campagna di comunicazione per mobilitare il flusso dei visitatori a partecipare numerosi all’iniziativa attraverso l’utilizzo dei principali media locali (quotidiani, radio e tv).». "Manco fosse Sanremo!" (cit.).
Dove però i funzionari della Regione potranno intuire che li stiamo prendendo in giro è nella parte introduttiva al programma. Loro chiedono di insistere sulle attività mangerecce? Ed eccoli serviti: «L’identità enogastronomica è una delle finestre d’ingresso più autentiche nella cultura di un popolo ed al tempo stesso, la forza più emozionante dell’appellativo turistico di una comunità». 
Già usare l’immagine della “finestra d’ingresso” può suonare come una provocazione (perché non abbiamo parlato di “porta d’ingresso”? È una allusione che io trovo geniale alle cose fatte di nascosto….di cui nelle amministrazioni si è molto esperti. Entrare e uscire dalle finestre è cosa che si fa quando si ha qualcosa da nascondere). Ma il vero colpo di genio è stato parlare della «forza più emozionante dell’appellativo turistico di una comunità»: una frase che non so nemmeno io cosa significhi ma che mi è piaciuta così tanto che ho voluto lasciarla. 
Nel prosieguo della presentazione ho buttato lì, ogni tre parole, il richiamo alla enograstronomia, alla ristorazione, alla tradizione culinaria, alla degustazione: se questo è quello che a loro interessa voglio vedere se non ci danno i soldi richiesti! Il richiamo alla cultura è fatto appena appena, in un inciso sulla «valorizzazione culturale» (che significa?), in modo che non possano dire che non l’abbiamo messo, ma che soprattutto non possano dirci che ne abbiamo messo troppa, di cultura…. 

So bene che, alla fine, qualcuno potrebbe comunque venirci a dire che abbiamo pensato solo a mangiare (e a bere), o che pensiamo solo alle attività di chi deve vendere roba da mangiare (e da bere): d’altra parte, noi da anni facciamo gestire gran parte degli eventi estivi direttamente agli operatori commerciali, e infatti nella richiesta ci siamo richiamati a questa gloriosa tradizione. Per evitare però una critica come questa ho inserito un richiamo ai giovani e alle loro attività: non potevo, proprio io, dimenticarmi di loro. E devo dire che anche stavolta ho avuto — abbiamo avuto, perché non ho fatto tutto da solo — un colpo di genio: ho scritto una frase talmente sgangherata, talmente sgrammaticata, che secondo me i funzionari regionali si accorgeranno che li stiamo prendendo in giro: 

«Di non minore importante è l’attenzione ai più giovani che sono quelli che maggiormente negli ultimi mesi hanno sopportato il peso di questo periodo critico che ha coinvolto Nazioni intere [fa sempre effetto sparare alto], proprio per tali ragioni l’Amministrazione intende dare loro uno spazio ben determinato [quale?], con la promozione di giochi agonistici, spazi che mirano a riprendere tradizioni, infatti i giochi agonistici hanno accompagnato la storia di intere civiltà [di nuovo, spariamo alto], nonché avere come obiettivo la condivisione e aggregazione sociale e culturale, fondamentale tra i più giovani.» 

Sono sicuro che alla Regione si chiederanno: “come è possibile che ci abbiano mandato una cosa scritta così?”. 
Eppure, volete vedere che ci finanzieranno e ci daranno tutti i soldi richiesti? Ci faremo, ne sono sicuro, tante belle mangiate. Ma io non dispero di riuscire ad utilizzare qualche somma anche per cose che abbiano a che fare con quella cultura, che a quanto mi è stato detto, non andava menzionata nella nostra proposta. 

PS. Mi rimane soltanto un dubbio: ma dove li prendono i loro soldi, i paesi vicini, che invece insistono a organizzare così tante, e partecipatissime, iniziative culturali?


Nota dell’Autore Pur facendo riferimento a un documento specifico, questa ‘finzione’ vuole portare l’attenzione su un intero sistema di finanziamento, e soprattutto sul modo in cui vengono avanzate le relative richieste, spesso frutto di scopiazzamenti vari, realizzati senza alcun controllo sulla qualità dei testi copiati (il passo sulla “finestra d’ingresso”, ad esempio, era presente già in questo articolo, relativo alla “Sagra del vitello podolico”).

Commenti

  1. Sagacia, ironia, carattere confermano quella capacità di scrittura davvero degna di nota per cui mi diletto a leggere i tuoi articoli, Tommaso. L'opera in apertura, una scelta perfetta. Qui ad ogni tuo articolo ci si può solo complimentare vivamente!!

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