SIBARITIDE: UN TERRITORIO ABBANDONATO A SE STESSO?


di Salvatore Martino



È da anni, oramai, che, in tutta l’area della Sibaritide è in atto il progressivo smantellamento della presenza dello Stato: uno smantellamento che sta avvenendo ad un ritmo talmente intenso e sistematico da spingere ad immaginare l’esistenza di un vero e proprio piano di desertificazione del nostro territorio. E’ come se fosse in atto un provvedimento punitivo orientato ad addomesticare e a mettere in ginocchio la nostra comunità per qualche grave colpa commessa, di cui la popolazione non è a conoscenza: e ciò si evince dalla timidezza e dalla incertezza con cui la locale classe politica continua ad assistere a tale scempio, cercando di scaricare vicendevolmente la colpa senza, però, mettere in atto la benché minima strategia diretta ad ostacolare o ad invertire tale incredibile processo.
Dopo la soppressione di ogni tipo di collegamento ferroviario ed il relativo isolamento socio-economico del nostro territorio, dopo la chiusura unilaterale e assai discutibile del tribunale di Rossano, avvenuta - ormai è dimostrato - attraverso un progetto scellerato che ha avuto come obiettivo l’abolizione dell’importante presidio di giustizia e di legalità a vantaggio di altro territorio, dopo la riduzione a veri e propri mendicicomi degli ospedali del territorio, con la mortificazione e inutilizzazione di tante competenze professionali e il trasferimento di importanti servizi a favore dei cittadini, un’altra clamorosa notizia, che non fa che rafforzare la tesi espressa prima, riguarda un ennesimo atto di esproprio: la chiusura del Centro Medico Legale dell'INPS di Rossano, che prelude, senza alcun dubbio, alla totale soppressione della struttura stessa, che per anni è stata l’emblema di un giusto decentramento di servizi realizzato in favore della numerosa comunità dell’alto Ionio, e determinato dal grave disagio procurato alla popolazione dal raggiungimento della distante sede di Cosenza.
Non credo ci sia più da discutere sulla spietatezza di tali operazioni, che hanno avuto e continuano ad avere come obiettivo la marginalizzazione definitiva della nostra area e la riduzione a vera e propria servitù dell’intero territorio. E’ necessaria una grande battaglia politica da organizzare e condurre per difendere e ripristinare la dignità di un territorio che ha una sua storia e un suo ruolo economico e produttivo, un ruolo che, se incoraggiato e valorizzato dalla politica, potrebbe far diventare questa nostra area una delle più importanti della Calabria e del Mezzogiorno. Abbiamo storia, cultura, competenze professionali, giovani intelligenze desiderose di spendersi in loco, attività economico-imprenditoriali che hanno solo bisogno di essere sostenute e incoraggiate con ogni forma di provvedimenti, e non mortificate e spinte quotidianamente, attraverso questo sistema, alla chiusura.
Quanto è successo qualche sera fa, davanti e dentro il Palazzo Comunale di Rossano, è molto grave e dimostra quanto sia evidente lo stato di tensione e di disperazione che affligge, ormai, tutta la nostra comunità: ma dimostra anche l’insipienza di una classe politica che continua ad attardarsi nel perseguire solo interessi di bottega.



Eppure questo nostro territorio meriterebbe non solo di essere difeso da siffatti provvedimenti inibitori ma, addirittura, sostenuto e spinto da una sensata politica di sviluppo verso obiettivi di benessere che continuano ad essere possibili solo nelle speranze della popolazione e nei sogni dei più giovani. Si ha l’impressione, invece, che ciò che sta provocando l’arretramento di questa area, al di fuori del nostro territorio non interessi a nessuno; è come se tutto ciò che sta accadendo, ormai da così tanto tempo, fosse visibile solo dall’interno delle nostre cittadine. Dall’esterno, invece, quanto accade non interessa né i vertici delle istituzioni né quelli della politica; anzi, è come se tutto fosse avvolto da una strana nebbia che, a parte lo sforzo che lodevolmente gli operatori della stampa locale stanno compiendo attraverso resoconti e articoli, offuschi ogni interesse nei gestori della grande informazione e della grande comunicazione. Ad eccezione dei grandi eventi - il rientro del Codex, il suo inserimento nel patrimonio dell’Unesco e le relative manifestazioni -, il resto si perde nel nulla.  
Appare, allora, evidente che siamo tagliati fuori da ogni provvedimento in grado di lenire o far superare la condizione di crisi e di precarietà che da troppo tempo ci sta affliggendo.
In passato non ci è stato concesso di cogliere alcuna occasione e opportunità: ora, però, non abbiamo più tempo a disposizione e dobbiamo programmare iniziative intelligenti, democratiche e coordinate capaci di unificare, difendere e rilanciare il nostro territorio e di inserirlo in un circuito più ampio e più significativo. Se questa nostra area non sarà, in tempi brevi, sostenuta e avviata sulla giusta strada sarà necessario costruire spazi intermedi di democrazia perché la volontà della gente, le sacrosante aspirazioni e ambizioni di tanti giovani e di tutto il territorio possano trovare uno sbocco attraverso un confronto più serrato e continuo con le istituzioni. Dovremo tutti impegnarci a far diventare più autorevole la voce della nostra gente, almeno al pari di quella di altri territori che, senza chiederlo, hanno ottenuto in regalo decreti, provvedimenti, finanziamenti e opportunità che, invece, per noi, continuano ad essere delle chimere.
In un epoca di globalizzazione, di macro-visioni, di macro-interventi, di macro-progetti, non è possibile che in questa parte di mondo che ha dalla sua un passato storico prestigioso e autorevole, in cui la cultura e la civiltà si sono sviluppate ed sono state, poi, offerte e trasmesse ad altre popolazioni e ad altri stati, ci si continui a danneggiare e a dividere, scioccamente, per il riconoscimento di quei diritti che sono fondamentali per le nostre nostre popolazioni.
Occorre fermare questo degrado, occorre che la politica si riappropri del suo ruolo alto di guida e non ostacoli più, con cavilli e beghe insulse, le legittime aspirazioni della gente che attende, senza più pazienza, la difesa e il rilancio di questa area che, altrimenti, sarà destinata a scomparire. Con tristezza ed amarezza dobbiamo ammettere che, man mano che il tempo passa, sono sempre di meno le ragioni che trattengono giovani e non giovani in questo nostro territorio che, prima ancora di essere governato, ha bisogno di essere amato e aiutato. In realtà, la sensazione diffusa fra la gente è che non solo non ci sia amore per questa nostra sfortunata terra ma anzi ci sia una fredda determinazione a lasciarla morire.




La nostra gente ha bisogno di essere riunita attorno a valori seri e ad obiettivi comuni, e non spinta verso dannose divisioni; per questo, c’è bisogno di persone di buona volontà e di persone capaci che, pur nella  diversità, riescano a guidare le nostre comunità verso traguardi veramente dignitosi.


Questo articolo è stato pubblicato nel numero di dicembre 2016 de "La Voce". Si ringraziano l'Autore, Salvatore Martino, e l'Editore, Giuseppe F. Zangaro, per aver consentito di ripubblicarlo sul Laboratorio. Le foto sono di Francesco Sapia, al quale parimenti va un sentito ringraziamento per averle messe a disposizione (http://www.francescosapia.it/).

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