Di cosa ha bisogno (urgentemente) il nostro Sud? Di libertà vera.


di Tommaso Greco

Prendo le mosse da due fatti recenti. 
Il primo. In un intervento sul Corriere della Sera del 13 agosto, il nuovo leader del Movimento 5 Stelle, nonché ex premier, Giuseppe Conte, ha detto che il suo movimento "guarderà al Nord come non ha fatto a sufficienza fino ad ora", lasciando intendere che la locomotiva d'Italia dovrà continuare ad essere rappresentata dalle regioni settentrionali e che la soluzione del divario con le regioni meridionali non può passare da una attenzione esclusiva per queste. 
Il secondo. Il poeta Franco Arminio, noto per la sua paesologia, sta portando in tournée un reading poetico che registra ovunque un grande successo di pubblico. Solo nel suo paese natìo — Bisaccia, in Irpinia — Arminio ha dovuto parlare davanti ad un pubblico ridotto perché l’amministrazione del suo paese — che da tempo è in polemica con lui — pare abbia voluto boicottare l’incontro, mostrando una esagerata rigidità nel gestire gli accessi al luogo in cui questo si doveva tenere. Alle lamentele di Arminio — molto attivo e molto seguito sui social — il sindaco di Bisaccia ha risposto dicendo, tra le altre cose, che Arminio può contare su un consenso che gli viene solo ‘da fuori’, mentre i suoi compaesani non manifestano alcun favore nei suoi confronti.

Questi i fatti. Ma perché metterli l’uno a fianco all’altro? Per la seguente ragione: mi pare che al problema posto dal primo fatto — come indurre finalmente il Sud a smuoversi e a divenire un luogo dinamico e non statico, un luogo capace di mettere a frutto le sue ricchezze e le sue energie — si possa rispondere soltanto con la soluzione che è implicita nel secondo fatto.
Mi spiego. Ammesso che sia vero quanto dice il sindaco di Bisaccia, la risposta data ad Arminio mi fa venire il sospetto che i compaesani del poeta non manifestino il loro consenso, o comunque stiano guardinghi e coperti rispetto alle polemiche di questi giorni, perché sostanzialmente hanno qualcosa da temere dai propri amministratori. Non so se questa sia la situazione di Bisaccia, ma è certamente una situazione piuttosto diffusa, ben conosciuta da chi frequenta i paesini meridionali. La gente non parla, non contesta, non critica i propri amministratori, perché questi hanno un controllo non solo sui meccanismi amministrativi, ma praticamente su tutta la vita comunitaria e anche ciò che spetterebbe di diritto viene elargito come fosse un favore. Partendo dal controllo del voto, più diffuso di quanto si immagini, e per finire al controllo dei ‘like’ che vengono messi ad un post su facebook, molti amministratori non solo non ammettono il dissenso, ma non lasciano alcuno spazio a chi voglia portare avanti un progetto anche minimo che sfugga al loro diretto controllo. 

Allora, per dirla in maniera rapida e sintetica, prima di grandi discorsi e di grandi progetti sulle risorse, sulle infrastrutture, sulla sanità e su tutto ciò che di essenziale ancora manca nel nostro Sud, occorre capire che la prima cosa di cui abbiamo bisogno è la libertà del cittadino: la libertà di votare, la libertà di parlare, la libertà di progettare e portare avanti iniziative di ogni genere, da quelle economiche a quelle culturali. Abbiamo bisogno di amministratori che facciano il contrario di ciò che fanno oggi: suscitare energie anziché comprimerle, fare in modo che la società esprima al meglio tutto ciò che essa contiene anziché fare in modo, come spesso avviene, che queste energie vadano ad esprimersi fuori, quasi sempre in quel Nord che poi ci viene additato ad esempio. 
Perciò rivolgo un appello innanzi tutto al legislatore: occorre trovare il modo per far sì che nei paesi al di sotto dei 5.000 abitanti sia reso impossibile il controllo del voto, vizio originario che poi condiziona tutta la vita amministrativa, politica e sociale delle nostre comunità. La soluzione ci sarebbe ed è molto semplice: ci vuole una legge elettorale che blocchi le liste rendendo inutili e impossibili le preferenze, che sono la via attraverso la quale il voto è ancora oggi fortemente controllato in molti piccoli paesi dell’Italia meridionale. Tanti sono i consiglieri da eleggere, tanti devono essere i candidati.

Occorre essere consapevoli e convinti che se liberiamo il voto, liberemo anche le teste, le coscienze, le volontà e le azioni. Se vogliamo che il Sud faccia valere al meglio le energie straordinarie che contiene in ogni ambito e in ogni paese non c’è un’altra strada. Altrimenti continueremo a vedere i nostri paesi morire, i nostri giovani partire, le nostre energie consumarsi e poi spegnersi nella disillusione e nell’abbandono. Tra chi è interessato a mantenere ferma la sua comunità, perché magari ne approfitta, e chi invece (come ad esempio un poeta) vuole renderla cosciente delle sue potenzialità, occorre che la legge favorisca i secondi e non i primi. 
La morte recente di Gino Strada può farci fare una riflessione finale: ci sono persone che cercano di rendere migliore il mondo, rimettendoci quasi sempre, e altre persone che invece operano palesemente per renderlo peggiore e (senza quasi) sempre ci guadagnano. Occorre senza indugio stare dalla parte dei primi e la legge deve fare di tutto per favorirli. Anche una legge elettorale pensata per i paesini più piccoli può spingere le cose nella giusta direzione.

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